
Nelle fogne e nei vicoli: caccia ai ratti
Sebbene possa esserci del vero nell’affermazione che ci sia più di qualche superstizione nel ritratto che abbiamo appena tracciato di questi roditori, non tutto è frutto del nostro spontaneo disgusto: ci sono anche obiettivi fattori di pericolosità nei ratti, che li rendono una minaccia per la nostra salute. Il primo di questi è il luogo dove i ratti abitano nelle nostre città: comunemente, le fogne. Benché siano un ambiente atipico per la specie (che, se ne ha la possibilità, ha l’abitudine di vivere con grande pulizia), i ratti riescono a prosperarvi – e a diventare così, essendo continuamente a contatto con batteri e germi patogeni, portatori di malattie letali per gli esseri umani. In media, un ratto selvatico che abita in una fogna è portatore di circa trenta malattie pericolose, del genere del tifo e della peste bubbonica, e storicamente i ratti sono sospettati di avere iniziato svariate epidemie (pensiamo alla Peste Nera del Medioevo). In secondo luogo, a rendere pericolosi i ratti è la loro formidabile prolificità. Hanno una gestazione brevissima, spesso inferiore al mese, e le femmine possono rimanere incinte già da poche ore dopo avere partorito; le cucciolate sono abitualmente di una decina di piccoli, i quali sono in grado di accoppiarsi e riprodursi già a sole otto settimane di vita.
Questi pochi dati sono di sicuro sufficienti a spiegare l’attenzione che viene posta alla derattizzazione, e la diligenza con cui questa viene effettuata. Un progetto di derattizzazione si articola abitualmente in tre fasi distinte:
il monitoraggio, durante il quale di analizza accuratamente l’ambiente che risulta infestato, si valuta quale sia l’effettiva forza numerica dei ratti presenti, e quindi quanto sia radicata l’infestazione, e si prepara un appropriato piano di intervento;
l’intervento, con l’applicazione delle strategie discusse nel piano; è qui che vengono messe in atto la distribuzione di prodotti velenosi nell’area o la cattura tramite trappole;
il controllo, nel quale si verificano i risultati per essere sicuri che l’intervento sia stato risolutivo non soltanto per l’immediato, ma anche e soprattutto per il futuro.
Il “nemico”, nel caso dei roditori, non è infine uniforme: passiamo infatti dal topo campagnolo, una piccola creatura scavatrice che solitamente attacca le coltivazioni, e che si combatte spargendo sostanze velenose, ai topi comuni, che vanno combattuti con esche avvelenate e attenta sigillatura delle aree di rifugio, fino ai surmolotti o ratti marroni, creature decisamente sotterranee, e che vanno combattute dall’esterno dell’area infestata andando verso l’interno per evitarne migrazioni – tenendo conto che un ratto è in grado di aprirsi un passaggio anche attraverso metalli teneri e perfino cementi magri.