Psicomotricità: una disciplina a misura di bambino

La psicomotricità è una disciplina nata in Francia negli anni ’80, sviluppatasi in risposta alla necessità di delineare un percorso educativo per i bambini con disturbi, disabilità e ritardi nella crescita. Il linguaggio del corpo infantile è molto importante, assai più di ciò che i piccoli comunicano con le parole, ed è proprio su questo principio che la psicomotricità pone le sue basi, aiutando i bambini ad esprimere le loro emozioni attraverso l’armonia nei movimenti.

I cardini della psicomotricità

Per prima cosa, bisogna bene distinguere tra psicomotricità terapeutica e psicomotricità educativa: la prima infatti viene proprio prescritta dal medico nei casi in cui il bambino abbia seri problemi a relazionarsi, difficoltà dovute a ritardi nella crescita o ad autismo. In questi casi sarà proprio il neuropsichiatra ad indirizzare i familiari verso una psicomotricità mirata, che coinvolgerà tutto il nucleo familiare e si svolgerà all’interno di strutture ospedaliere. Lo specialista si occuperà infatti di comprendere il bambino, capirne sia i punti deboli che quelli di forza, in modo da dare delle chiavi di lettura ai genitori e per aiutarli a comprendere meglio proprio figlio.

Differente sarà il lavoro del terapista che si occupa di psicomotricità educativa, indicata per i bambini più chiusi e timidi, che tendono a presentare difficoltà a scuola dovute alla mancanza di concentrazione e sicurezza in sè stessi. In questi percorsi educativi il ruolo primario del professionista sarà quello di creare una forte empatia con il bambino, ed invogliarlo così a comunicare in maniera più serena e ad esternare le proprie emozioni in modo più consapevole.

La psicomotricità nasce anche in risposta al largo uso che oggi i bambini già in tenera età fanno dei dispositivi elettronici, i quali stanno sempre più prendendo il posto dei giochi veri e propri, e portando così ad un impoverimento nelle emozioni e nel modo di comunicarle.

Questa disciplina aiuta infatti non solo a livello fisico-motorio, ma anche rafforza le capacità linguistiche, cognitive e socio-emotive: per questo un bravo professionista non giudicherà mai il bambino, ma anzi ne accoglierà sempre l’individualità e guarderà il mondo attraverso i suoi occhi. Nelle lezioni di psicomotricità difatti vediamo spesso terapisti che si rotolano con i bambini, che indossano comode tute come loro o che si travestono da qualche personaggio simpatico, senza mai apparire come un insegnante o una figura autoritaria, ma sempre al loro pari, pronto a rispondere ai più svariati bisogni e perplessità.

La formazione psicomotoria

Proprio perché questa disciplina è molto delicata, richiede una preparazione appropriata e comporta degli studi universitari: la psicomotricità terapeutica è una specializzazione della facoltà di Medicina, ed anche quella educativa richiede una laurea in Scienze Motorie e prevede la frequentazione di master specifici.

Nel corso degli anni, poiché sempre più famiglie si sono avvicinate alla psicomotricità, sono nati dei veri e propri centri specializzati nella formazione dei terapisti con corsi triennali patrocinati dall’ANUPI, l’Associazione Nazionale Unitaria degli Psicomotricisti Italiani.

Ne è un esempio l’Istituto di Psicomotricità di Milano, nato nel 1977 per opera di Anne-Marie Aline Wille, terapista della psicomotricità di origine svizzere. Autrice di numerosi libri, Wille crea un vero e proprio metodo psicomotorio per combattere l’autismo attraverso il potere della musica, della comunicazione non verbale e del linguaggio del corpo.
L’istituto propone corsi di formazione biennali e triennali, oltre a seminari di media e breve durata su argomenti specifici, in modo da offrire una formazione continua e un aggiornamento costante dei professionisti del settore.
Viene dato anche sostegno psicologico alle famiglie in difficoltà, che si rivolgono all’Istituto di Psicomotricità per intraprendere percorsi inerenti la genitorialità con bambini affetti da autismo o semplicemente per aiutare le relazioni familiari in contesti delicati, come quelli di bambini particolarmente aggressivi o suscettibili, ma anche affetti da disturbi alimentari, da fobie o ansia.

Le tecniche utilizzate in campo di psicomotricità sono dunque molteplici e tutte modellate in relazione all’esigenza del singolo bambino: dal gioco simbolico, al disegno, dagli esercizi di coordinazione alla danza, la motricità viene sempre integrata con le funzioni emotive.